“LE LETTURE del POMERIGGIO… Maria &….”

“S.O.S. dal Pianeta Terra”  –   di Maria Pace

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INTRODUZIONE

L’obiettivo principale che ha indotto l’autore a scrivere questo libro è il desiderio di suscitare nel lettore  una sensibilizzazione verso le problematiche ambientali quali  l’inquinamento, l’eccessivo sfruttamento  delle risorse ambientali del pianeta, ecc… Si tratta di un romanzo avventuroso  e ricco di colpi di scena: una spy-story ambientata nel periodo seguito alla guerra fredda,  che racconta le vicende di un giovane fisico impegnato come agente speciale per la sicurezza del suo Paese.

Convinto  sostenitore  della necessità di mettere al bando le armi e di salvaguardare il pianeta da coloro che ne sfruttano le risorse  mettendone in pericolo l’equilibrio ecologico, Richard  è inviato in Amazzonia  da una società a partecipazione statale con l’incarico di accompagnare  una ragazza la quale è alla ricerca del fratello, che lavora  in una missione e di cui non si hanno più notizie. Le avventure che affronterà, lo indurranno più  volte a  far uso  delle sue conoscenze scientifiche;  avventure che avranno un felice epilogo e che offriranno al lettore l’occasione per riflettere sulle problematiche più importanti del nostro pianeta.

 

CAPITOLO  I°

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L’aereo proveniente da Budapest atterrò all’aeroporto Kennedy  di New York alle diciotto; sbrigate le formalità di sbarco, Richard raggiunse la zona parcheggio. Era sfasato dal fuso orario, stanco e con un solo desiderio: fare una doccia e una buona dormita. Trovò la jeep dove l’aveva parcheggiata; cercò le chiavi e dalle tasche del giaccone trapuntato uscirono numerosi altri oggetti.

Richard era un tipo sicuramente interessante, alto, atletico, sportivo; i contorni energici del volto,  lo sguardo  scuro deciso e profondo, il mento volitivo, gli offrivano nel loro insieme una certa somiglianza con gli eroi di certi cartoons, ma non era di sicuro un tipo ricercato nel vestire: solo magliette, jeans e giubbotti che, oltre a prendere poco posto nella borsa da viaggio, non richiedevano particolari cure.

Si mise al volante della vettura, avviò il motore e partì lasciandosi alle spalle l’aeroporto, il suo caos vigilato e tipico e il tranquillo  quartiere del Queens.


Per molta gente il sabato è giorno di festa, ma per il  Direttore della  Haudson Faundation for Recherche era un giorno lavorativo come un altro.  Brian Colton  arrivò in ufficio,  al 240 della  53 West Street,  intorno alle dieci. Sul tavolo della segretaria trovò il dispaccio  che aspettava. C’erano tante carte sparse su quella scrivania  e prima ancora che una pratica fosse sbrigata, un’altra era pronta a prenderne il posto.

Anne Mille, la segretaria, occupava un posto di responsabilità presso la Fondazione; dietro le spesse lenti nascondeva uno sguardo miope ed intelligente e un sorriso  in grado di fermare chiunque avesse voluto oltrepassare la soglia dell’ufficio  del  suo capo.

In realtà,  fino a quella porta erano davvero in pochi ad arrivarci:  i segreti custoditi  in quella parte dell’edificio ne giustificano i severi controlli.

La Houdson Foundation era una società privata che offriva assistenza scientifica a numerose organizzazioni governative  e militari sulle emergenze ambientali del  pianeta. Il primo frutto di quella collaborazione era stata “L’Operazione Macumba”,  sulla quale si stava ancora lavorando e che si proponeva di stroncare un traffico di armi e stupefacenti, attraverso una dozzina di Paesi nel mondo. Tra i candidati a quella missione c’era Richard, l’uomo migliore di cui disponeva la Fondazione.

Richard Dennehy, laureato in Fisica  delle Particelle alla Columbia University  di New York, una brillante tesi sulle applicazioni del laser  nel campo dell’Aeronautica, lavorava  da anni per la sicurezza del suo Paese. L’affascinante ed atletico giovanotto, però, non rispondeva per nulla all’immagine  dell’agente al servizio di  un qualunque organismo di Stato  preposto alla Sicurezza Nazionale: lui era un agente speciale, ossia, un battitore libero e senza regole. Refrattario ad ogni forma di disciplina, se ne infischiava allegramente di codici ed altre cose del genere. Non faceva rapporti scritti, ma riferiva a voce; non seguiva regole fisse, ma si affidava all’intuito ed all’improvvisazione. Soprattutto, però, possedeva qualità che facevano di un uomo comune un agente speciale.

Era stato mandato a Budapest  dai servizi segreti americani preoccupati della situazione su Balcani. La guerra delle spie era tutt’altro che finita: gli americani spiavano per ottenere informazioni sulla situazione interna sovietica e i russi spiavano per prevedere le intenzioni degli americani.

(continua)


 

QUEI GIORNI ASSIEME IN JAVA       (By Carlo Gabbi)

 

INTRODUZIONE

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Questa storia è dedicata a te, Francisca, in ricordo di quei magnifici giorni trascorsi assieme nella tua terra piena di preconcetti e vecchie tradizioni. Ti sentivo ribelle. Sentivo che una donna come te desiderava più libertà di quanto il tuo popolo concede a loro. In questo mio racconto, che tu mi chiedesti allora, oltre quindici anni fa, cercherò di rispecchiare in pieno il tuo pensiero e quell’infinito tuo desiderio di sentirti libera di amare per amore e non in un pre arrangiato volere matrimoniale tra le famiglie le quali, laggiù, nei vostri paesi, sono schive di tenere in considerazione i desideri, aspirazioni, sogni di una giovane sposa, mettendo sopra dei piaceri affettivi, riflessi da un animo sensibile di donna, null’altro che valori materiali con uno scambio di beni che servono ad arricchire la famiglia dello sposo. Matrimoni che diventano null’altro che un baratto al lato della strada del sobborgo locale.

Scrivendo di te ora, a distanza di anni, ritornano in me molti dolci memorie, che sento a volte struggenti, ma che mi hanno reso sicuro di una cosa. Forse è vero che il tuo ricordo si era assopito nel tempo, ma so ora che mai veramente ti ho dimenticata. Ritrovando le tue foto è ritornato intenso il desiderio ti sentirti vicino, come allora, desidero guardare lo splendore dei tuoi occhi scuri e le tue labbra disegnate con quel rossetto violaceo che tanto ti si addiceva. Sento oggi, come lo era ieri, i palpiti e i desideri di quell’amore carnale, che tanto ti rendeva regale. Era pura lussuria che ti distingueva, forse come un marchio di valore perché era il tuo ed apparteneva in quel modo unicamente a te, che sapevi amministrare con bravura a coloro con cui volevi partecipassero al tuo connubio d’amore. Dimmi come umanamente sia possibile poterti dimenticare? Ti sento più che mai accanto a me e, credimi, riaccendi in me il desiderio di averti, come allora, sentire nuovamente il tuo corpo vibrare, sussultare, gioire…mentre ricevevi e donavi amplessi che mai potrò scordare.

Purtroppo, nel mio peregrinare da luogo a luogo, ho perso nel tempo tutti i contatti con te. Cercai, ma senza riuscire. Mai ti trovai nuovamente. Ora è solo ricordo. Ma spero che un giorno troverai questo mio scritto che navigherà per te a lungo nell’etere e apparirà on line. Fammi sapere se questo miracolo avviene, dammi tue notizie e te ne sarò grato.

~*~

Quanto leggete qui in questo frontespizio è importante per comprendere l’enorme differenza di pensiero e di costumi che esiste in questo paese che vado a presentarvi, rispetto a quello che voi lettori Italiani siete usati vivere nella vostra vita quotidiana. Penso che senza conoscere queste cose basilari in cui vi introduco mai potrete apprezzare la storia che andrò a narrarvi.

~ * ~

L’Indonesia eformata da un interminabile collana di isole, grandi e piccole che sono sparse nell’immensità dell’Oceano Indiano, che scorrono come una lunga linea che attraversa l’equatore ed inizia in East Timor (Nuova Guinea), immediatamente al di sopra del territorio Australiano, e che si allunga per migliaia di kilometri verso nord-west sino a raggiungere i confini della Tailandia. Questo è un paese vastamente popolato, che si trova nella regione Equatoriale con immense foreste fitte e primitive, e presenta contrasti enormi, di vita, abitudini, cultura e educazione. Questo paese ha pure la sua jungla di asfalto, nel nucleo della capitale Jakarta, con oltre 8 Milioni di abitanti, e trova poco al di fuori della periferia urbana la vera jungla di fitte foreste tropicali con alberi pregiati di teak e rasamal, mescolati a banani e mangoes, ma non dobbiamo dimenticare la parte migliore formata  dalle sue superbe orchidee che trovano vita attraccate alle giunture dei rami alti della foresta. La fauna e ricca in questo naturale “Habitat” che da vita ad una larga varietà di scimmie, rinoceronti aventi un unico corno, tigri, volpi, e cinghiali i quali spadroneggiano in quel loro regno creato nell’immensa foresta tropicale.

Purtroppo, in questa grandezza della creazione di Dio esiste la usuale incomprensione umana, verso quelle poche cose che erano rimaste agli stati primordiali, negli ultimi cinquant’anni il 50 % di questa prodigale bellezza e stata distrutta con la deforestazione. Queste foreste per vastità e valore di risorse naturali sono paragonabili a quelle che si trovano nell’Amazonia in Brasile.

Il popolo ed i dialetti parlati in questi paesi sono molteplici e così pure lo sono le religioni che vanno dall’Induista alla Buddista e a quella Cristiana. Predominante e l’Islamismo, che forma un gruppo di maggiori proporzioni a quello del Medio Oriente ed è il maggiore tra gli stati Asiatici. Con le molteplici religioni, questo paese presenta stili differenti architettonici  nel interpretazione di bellezza nella loro costruzione dei templi, molti dei quali sono arcaici che risalgano al decimo secolo. Altri, sono molto più recenti ma non di meno famosi, in templi Buddisti, Induisti ed Islamici. Naturalmente non mancano neppure le molte bellezze naturali che sanno incantare, allorché ci si muove da luogo a luogo.

Ripeto che questa è terra di contrasti, dove accanto ad una popolazione erudita e abbastanza agiata, che vive nelle città, troviamo allo stesso tempo, appena al di fuori dei perimetri cittadini, sparse attorno capanne primitive costruite con bambù e foglie di palme, che seguono lo zigzagare degli innumerevoli corsi d’acqua i quali sono numerosi e che si trovano ai limiti delle immense foreste tropicali. In questi luoghi non vi è sentore di civiltà. Mai questi luoghi hanno visto strade, mezzi di comunicazione, scuole o altre cose così importanti e alle quali l’umanità oggi dipende. Tutto è rimasto allo stato primordiale, e lo sono pure quelle migliaia di persone che vive tuttora in questi luoghi in uno stato semiselvaggio, sfamandosi con i frutti offerti loro dalla natura che trovano abbondanti nelle foreste e nei fiumi e pure quelli appaiano selvaggi, creando quell’atmosfera possente e ruggente di vita primitiva.

Non dimentichiamo pure che questa è terra di vulcani. Sono a migliaia con lunghi fumaioli che lanciano vapori alti nei cieli, qualora siano calmi, ma son pur capaci di grandi rovine e devastazioni qualora i bollori interni li facciano eruttare tutto all’intorno, capaci di distruggere tutto. Molti di questi vulcani corrono lungo le sponde dei mari, sicché quando sono arrabbiati sono capaci di creare i Tsunami, con morti e distruzioni enormi. Quando quei cataclismi arrivano, sembra che tutti i loro dei furentemente si azzuffano, creando orrende punizioni ai propri accoliti.

Ma devo ancora dirvi l’ultima grande verità di questa terra di contrasti. Credetemi quiè una cosa comune e sorprendente. E solamente in questa parte del mondo che si possono trovare le donne più belle che siano state create e desiderate da qualsiasi più stravagante sogno di uomo. Hanno l’aspetto delle Veneri, con corpi incantevoli, pelle chiara e vellutata, capelli lunghi e lisci, occhi profondi e scuri, seni elegantemente eretti verso il cielo, ed in più hanno talento. Sono nate per donare il piacere dell’amore e sono capaci nel loro ruolo di ammaliatrici.

~ * ~

Questa terra, nella storia ha conosciuto i primi “Conqistadores” sin dai lontani tempi delle prime esplorazioni. Così nacque allora la prima colonizzazione Portoghese. Naturalmente, come tutti i colonizzatori furono crudeli, usando il loro pugno d’acciaio, verso questi popoli, rubando le loro terre, ricchezze, valori morali. Li ridussero schiavi nelle piantagioni di caffè e alberi di gomma. Mai diedero nulla ai nativi, nei lunghi secoli che seguirono. Ma come legge di natura, anche il loro dominio venne ad una fine e lo fu all’inizio della Seconda Guerra Mondiale quando questo immenso mondo cadde sotto il giogo dell’occupazione Giapponese.

Possiamo quindi affermare che mai prima questo popolo aveva conosciuto una propria indipendenza od una forma di governo democratico. Lo fu, forse più in parole che fatti, al termine di quella guerra mondiale che vide il giogo coloniale portoghese, e l’occupazione Nipponica finire. Alla fine fu creata una nuova forma elettiva, anche se palesemente mascherata dietro una forma democratica, che durante i seguenti quaranta e più anni, vide al comando di quella nuova nazione due presidenti di nomi altisonanti, Sokarno e Suharto, ex generali entrambi che seppero dominare il paese con un forte braccio di ferro. Nacque in quel modo il Regime dei Generali, i molti diretti dipendenti a quei Presidenti. Erano gli esecutori dei poteri ed ottennero completa autorità sulla giurisdizione territoriale a loro assegnata, governando in modo despota e pensando come prima cosa al proprio benessere personale. Divenne facile per loro predominare sopra l’ignoranza e la miseria della massa, ed in questo modo accumularono immense fortune ed accumularono sotto il loro nome personale un giro di affari che li tramutò nel breve tempo di anni entro i nuovi e più potenti arricchiti nel paese.

Ma naturalmente i soprusi creano pure malumori anche in una terra come questa, dove esistono molte differenze sociali e culturali. Si crearono odi, da parte del meno abbietti, verso coloro che erano al potere. E fu una cosa abbastanza facile, poiché questo è il più grande paese Islamita esistente nell’Oriente e dove ai loro molti fedeli religiosi c’è la credenza dell’ “Jihadismo”.  Ossia lotta religiosa che attraverso i secoli ha sempre avuto un numero alto di accoliti pronti a tutto pur di raggiungere la fama di eroi. Ma quale mai è questa virtù? Si ottiene unicamente uccidendo il nemico e di morire sul campo di battaglia così da ottiene i privilegi di quel (Five Stars) paradiso lussuoso di concubine e banchetti regali.

Le moschee divennero così i luoghi comuni di indottrinazione, propaganda e fanatismo per quei facili accoliti. I militari li perseguitarono e incarcerarono quei fanatici, ma poi cosa mai successe? Questi terroristi incarcerati dalle loro celle divennero i profeti e iniziarono la loro indottrinazione sulla massa di carcerati che incominciò ad idrolizzarli aprendo così le porte a nuova violenza, fabbricando prima bombe e, poi usarle, in modo indiscriminato uccidendo centinaia di turisti che sempre si trovano dispersi attorno quelle isole che corrono  da Bali alla stessa Jakarta.

~ * ~

Quanto vado a narrare di seguito e la storia reale di come venni a conoscere una giovane donna, nata e crescita in questi luoghi di cui ho appena dato una descrizione. Avvenne in quei giorni passati e in breve tempo fummo molto amici.

Era la figlia di uno di quei Generali di cui vi ho parlato. Con i soldi del padre generoso aveva creato una nuova casa farmaceutica e lei, era parte co-proprietaria assieme al padre ed era lei stessa la rappresentante dei propri prodotti farmaceutici nei vicini paesi Asiatici e pure Australiani. Benché giovane seppe creare in breve tempo un piccolo impero perché lei era una donna capace ed astuta, creando così per se stessa quella vita indipendente che è  negata ad una donna che vive nelle leggi del suo paese con tale religione e costumi troppo retrogradi ed esclusivi per il sesso maschile. Era una vera menefreghista dei loro costumi secolari, e si prese libertà inconcepibili nella stretta mentalità religiosa dominante, l’Islamismo.

Il ricordo di lei ritornò in me repentino, mentre rovistavo in una larga scatola di cartone, nella quale avevo seppellito vecchie fotografie ed altre cose scritte.

Tra quelle cose ritornate alla vita improvvisamente, vi erano sue fotografie ed anche una “caset” nella quale vi era registrata una nostra lunga conversazione che ben presto andrò a rivelarvi.

Non posso dirvi di quanto, nel riveder quelle foto, e nel risentire la sua voce sia ritornata in me il piacere di averla ritrovata e di sentire quell’imperioso desiderio del suo corpo flessuoso e incantevole.

Tutte queste premesse che ho scritto per voi sono state necessarie pe creare, in voi lettori, la visione del luogo e comprendere questo paese affascinante e pieno di tradizioni, bellezze e contrasti.

 

“Le letture del Martedì e del Venerdì… Anna & Maria”

 

“ZOMBI”  di ANNA CARUSO

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Molti anni prima

 “ Più di una volta mi hai chiesto perché l’abbia sposato e io più di una volta ho tergiversato su questo punto. Tu sicuramente ti sarai domandato perché, molto probabilmente avrai pensato che io l’abbia fatto per soldi o per la sua posizione, ma non è stato così, io non sono mai stata il tipo di ragazza che mira a ciò.

A diciannove anni avevo i miei sogni: frequentare l’università di lettere moderne a Napoli, laurearmi, trovare un lavoro e mettere su famiglia. Noi abitavamo in un paesino in provincia di Salerno, Ascea Marina. Avrei preso in affitto un appartamento città e sarei ritornata dai miei per il fine settimana. Sognavo di trovare l’amore, quello vero, e di sposarmi, di avere dei bambini, più di uno, due o tre almeno. Avevo i sogni di una qualsiasi ragazza della mia età. Ho sempre voluto avere una vita semplice, non ho mai avuto grandi progetti o grandi aspettative, ma la vita alcune volte ti mette davanti delle vie diverse che tu voglia o no e alcune volte devi fare delle scelte che non avresti voluto fare.

Era l’estate della quinta superiore, avevo appena finito la maturità, mi aspettavano tre mesi abbastanza oziosi, per l’università non c’era un test d’ingresso a sbarramento, ma uno di competenze minime, avrei comunque studiato, ma molto di meno rispetto alle estati precedenti. Avrei avuto il tempo per leggere, per andare al mare, per divertirmi un po’, per aiutare un po’ mia madre in casa, ma non fu così.

I miei erano in difficoltà economiche, ma non me l’avevano detto per non darmi preoccupazioni. Rischiavamo di rimanere al buio e si sa quanto sia pericoloso con loro nelle vicinanze. Poi il nostro era un paesino e la percentuale di zombie nei paraggi era ancora più elevata che in città, tanto spazio libero, poco gente. Questo voleva dire, però, che erano anche più affamati ovviamente.

Ascea Marina aveva rischiato lo spopolamento, quando erano comparsi loro, la gente si sentiva più al sicuro nelle grandi città perché erano più popolate.

Scusa sto uscendo fuori dei binari adesso! “ disse Filomena guardando per un istante Luca che sembrava molto interessato dal suo racconto.

“ Non ti preoccupare, parla di tutto ciò che vuoi! “ rispose il ragazzo.

“ Allora riprendo dai problemi economici di famiglia.

I miei un giorno di fine Luglio decisero di recarsi dal sindaco per fargli presente la loro situazione e per cercare aiuto in qualche modo. Non avevamo parenti vicini che ci potessero dare una mano e spostarsi è costoso e pericoloso, soprattutto di notte.

Il sindaco non c’era e gli consigliarono di recarsi dal capo della polizia: Federico. Una volta in paesini così piccoli era tanto se ci fossero i carabinieri, ma con l’avvento degli zombie la regione dovette prendere delle misure precauzionali maggiori.

Federico non era ben visto in paese, non stava simpatico a molti, non perché arrivasse dal Nord, ma perché era palesemente antipatico, altezzoso e arrogante. I miei genitori si recarono mal volentieri da lui, ma non avevano altra scelta. Gli spiegarono la situazione e gli chiesero di andargli incontro, di aspettare che mettessero da parte dei soldi per pagare la bolletta della luce, insomma che almeno non li lasciassero al buio perché avrebbe significato la morte.

Mentre i miei erano a chiedere ” la grazia ” da lui, io ero rientrata in anticipo dalla spiaggia e non vedendo nessuno a casa mi stupii. Non ci volle molto per sapere dov’erano, sai paesino piccolo dove alla fine tutti sapevano tutto.

Così mi recai alla stazione di polizia. Mi dissero che erano stati ricevuti dal capo e che potevo aspettare fuori. Io ovviamente non sapevo nulla ed ero incuriosita da tutto ciò, così decisi di origliare.

Ero arrivata in tempo per sentire la risposta di Federico. Mi ricordo ancora il suo discorso a grandi linee. Assicurò che capiva il problema, ma che non poteva fare eccezioni, eravamo già in ritardo di un mese sul pagamento della bolletta della luce, avevano già aspettato tanto e avrebbero tolto la luce entro fine mese.

“ La prego ci dia ancora un mese! “ lo supplicò mia madre.

“ In verità ci potrebbe essere una soluzione vantaggiosa per entrambe le parti! “ disse ad un certo punto Federico. La sua voce si era fatta ancora più sibillina.

“ Dica! Qualunque cosa! “ rispose mio padre.

“ Come sapete, io sono qui da un po’ di tempo ormai, due anni circa. Ho ventisei anni ormai e incomincio a pensare a mettere su famiglia, non so se mi spiego! “

“ Si, ma non capisco cosa c’entri con il nostro problema francamente! “ lo interuppè mio padre.

“ C’entra, c’entra! Voi non avete una figlia? “

“ Si! Ma…. “

“ Semplice, vostra figlia in cambio di ciò che mi chiedete di fare! “ proferì poco dopo

Io sbiancai a sentire quelle parole: era un ricatto bello e buono.

“ Mai! “ rispose mia madre. “

 

 


“LA FOTO della SPOSA”  di  Maria PACE

ultima parte

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La ragazza riprese a sorridere, un sorriso quasi triste, però. Privo di quella curva agli angoli degli splendidi occhi azzurri. Anche così, però, sul suo volto s’era disteso un velo di una dolcezza struggente.

Il servizio terminò ed Alessia salutò il fotografo.
“Mi dai il tuo numero? – disse il fotografo – Fra due settimane ho un servizio molto importante e potrei chiamarti.”
“Ti chiamerò io.” rispose la ragazza.
“Non è una scusa per rimorchiare, ti assicuro che…” tentò di replicare l’altro.
“Ti credo. – lo interruppe conciliante la ragazza – Ora devo proprio andare.”
“Posso accompagnarti, se vuoi.”
“Non è necessario.” continuava a sorridere Alessia, già sull’uscio.
“C’è qualcuno che ti aspetta?”
La ragazza scosse il capo; stava già aprendo la porta.
“Non c’è nessuno. – rispose – E… per dimostrarti la mia simpatia, voglio regalarti questo.” aggiunse in tono enigmatico. facendo il gesto imprevedibile di tendergli il nastro cui pareva tener tanto.
Il fotografo rimase assai stupito, infatti, ma non disse nulla; prese il nastro e la lasciò andare.

Il servizio ebbe un grandissimo successo.
In un programma di moda, esattamente due mesi dopo, la televisione lo mandava in onda. in prima serata.
Il fotografo lo seguì con comprensibile orgoglio, sia pur con il rammarico di non essere riuscito a rintracciare la ragazza che pareva essere sparita dalla circolazione.

Qualcuno, però, quella sera, seguiva lo scintillante programma televisivo: una signora, che rimase come folgorata davanti al video.
“Giacomo!” chiamò, pallidissima di un’emozione incontrollabile.
“Dimmi, cara.” le rispose la voce di un uomo di mezza età.
“Guarda… è lei!”
La donna indicò al marito l’immagine della sposa e anche l’uomo sbiancò:
“Alessia!… Non è possibile! E’… è la nostra Alessia..:”

Due giorni dopo il fotografo trovò due signori ad attenderlo davanti al suo studio: un uomo ed una donna.
“Sono la mamma di Alessia.” si presentò la donna.
“La mamma di Alessia? Oh, finalmente! Sapesse da quanto tempo la sto cercando. Due mesi. Sì! Due mesi. Avete visto il servizio?”
“Sì!”
Un monosillabo quasi inudibile.
“Ma venite dentro. Ci sono molte altre fotografie. Quella ragazza è proprio una professionista. Diceva di essere una novellina ed invece è bravissima.”
“Lei conosceva Alessia?… prima del servizio, intendo…” domandò l’anziano signore, con voce alterata dall’emozione; il fotografo lo guardò un po’ stupito .
“No! L’ho conosciuta proprio in quella occasione. – spiegò, poi continuò – L’ho cercata per altri servizi… Ho anche pensato alla concorrenza, ah.ah.ah… – sorrise – Ma ditemi… Perché non si è fatta più viva? Io l’ho cercata a lungo e senza risultati.”
“Alessia… – balbettò la donna – Alessia è morta!”
“Morta? Santo cielo! Mi dispiace molto. – vero rammarico sul volto del giovane – Ma come è successo?… Quando?”
“Due mesi fa… il quattro maggio.”
“Due mesi fa… – ripeté il fotografo – Ma… non è possibile. Il servizio lo abbiamo fatto proprio quel giorno… Il mattino del quattro maggio.”
“Era il giorno del suo matrimonio. – spiegò l’uomo e la donna continuò, con voce incrinata – Aveva messo un nastro verde tra i capelli… Era così bella…Il vestito di raso color panna… era sul letto, ma lei… lei non è riuscita nemmeno a toccarlo… Un infarto!”
“Non capisco!”
“Un infarto! – ripeté la donna sotto l’empito di una dolorosa emozione – E’ caduta ai piedi del letto con le mani tese verso il vestito… Lo aveva confezionato lei stessa… il suo vestito da sposa.” terminò la donna in un singhiozzo.
“Adesso capisco! – proruppe il fotografo, anch’egli in preda a vivissima emozione – Adesso capisco!… Voleva una foto vestita da sposa.”