ANTICA GRECIA – LE ORIGINI… il Mito Orfico della Creazione

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Con l’avanzare dell’età patriarcale si cercò di sminuire sempre più il prestigio della Grande Dea,  tentando   in  ogni modo di porla sotto tutela maschile.
In età arcaica il potere della donna sull’uomo era stato enorme, soprattutto in virtù della sua capacità di procreare;  si pensava, infatti, che la donna rimanesse incinta in virtù di misteriosi poteri fecondatori.  La scoperta dell’eros come causa fecondatrice, mutò le cose, influenzò il rapporto fra i sessi e nacque un nuovo mito della Creazione.
Secondo questo mito, detto anche Mito Orfico, la Grande Dea, nel suo triplice aspetto di Notte-Ordine-Giustizia, si accoppiò al Vento, così come aveva fatto Eurinome e depositò un Uovo d’Argento, simbolo della Luna, che adagiò nell’Oscurità.
Da quell’Uovo Cosmico nacque Eros, un essere ermafrodito  che  dette l’impulso alla Vita accoppiandosi alla Dea e vivendo con Lei  in una grotta fino all’evento del patriarcato, quando lo  scettro non passò dalla Dea ad Urano.

“Le donne dei Cesari – CALPURNIA PISONE, moglie di GIULIO CESARE” Maria Pace

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18  anni,  lei…   41, lui.

Di ottima famiglia, lei… di buona famiglia lui, più un ego gigantesco.

Calpurnia Pisone è il nome di lei. Gaio Giulio Cesare, quello di lui ed è l’anno 59 a.C.

Lei  ha l’età di sua figlia Giulia.  La dolce, tenera Giulia.  La più bella e la più amata delle donne della casa Giulia, rimasta orfana di madre in tenera età ed educata dalla nonna, donna integerrima e di sani principii. Amatissima da papà che,  però, ne fa una pedina nelle manovre politiche per raggiungere il Regnum e il potere: Cesare la dà in sposa a Pompeo. Una pedina nella grande scacchiera della politica, dunque.  Come, d’altronde, è anche la bella e  giovane Calpurnia.

Chissà se le due ragazze  hanno simpatizzato mai,  se hanno  creato mai  un rapporto di solidarietà… Sicuramente no!

Il destino di Giulia è segnato: morirà di parto; Calpurnia, invece diventerà presto la first lady di Roma, ma sempre restando nell’ombra, discreta e riservata.

Lei è una giovane sposa, consapevole  e  decisa.. L’eco dello scandalo dell’altra moglie di Cesare, quella che lui  ha  ripudiato, è ancora presente.

“La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto.”

Chi non ricorda questa celeberrima frase che ha attraversato i secoli? Certamente non la dimenticherà mai la bella Calpurnia, la quale ne farà tesoro per tutta la sua esistenza.

Di che cosa si trattava? Di uno scandalo dai risvolti grotteschi. Durante un rituale per sole donne, in onore della dea Bona,  che si svolgeva nella casa di Cesare, Clodio, l’amante di Pompea, moglie di Cesare, si introdusse furtivamente in casa, travestito da flautista, per raggiungere la donna. Scoperto, riuscì  fuggire, ma la notizia fece subito il giro della città. La reazione di Cesare fu immediata: ripudiò la moglie. Al processo, però,  non volle deporre contro Clodio e dichiarò di essere convinto della innocenza della moglie.   Ai giudici che gli chiesero perché, allora, avesse divorziato, rispose con la famosa frase  che abbiamo riportato.

Già quello stesso giorno, però, il giorno del suo matrimonio, la giovane sposina prendeva coscienza di quello che sarebbe stato il suo ruolo al fianco dell’uomo più potente di Roma.  Proprio quel giorno, infatti, Cesare aveva inviato a Servilia, l’amante storica, una preziosissima perla dal valore inestimabile, per compensarla della rinuncia  o, forse, per rassicurarla.

Dopo il divorzio da Pompea,  Cesare deve essersi guardato intorno alla ricerca di una moglie adeguata e questa  non poteva essere Servilia che, con i suoi quaranta anni non poteva dargli il figlio maschio tanto desiderato.

Già!  Cesare, più di ogni cosa, in quel momento, desiderava un erede e  Servilia non poteva accontentarlo, ma la giovane Calpurnia Pisone, su cui era caduta la sua scelta, invece, sì!.

Chi era Calpurnia Pisone?

Era la figlia del  senatore Calpurnio Pisone,  uomo potente,  a cui, quando concesse sua figlia al grande condottiero,  mancava solo il Consolato per completare l’intero cursus honorum e il  Consolato  arrivò puntuale l’anno seguente. I Pisone erano una delle famiglie più potenti e antiche dell’aristocrazia romana: la gens Calpurnia rivendicava la discendenza addirittura da Numa Pompilio.

Di Calpurnia, del suo aspetto fisico, poco si sa; non ci sono statue, né monete, né altre immagini. Che, però, fosse di bell’aspetto lo si deduce da un ritratto giunto fortunatamente fino a noi. Bella, giovane, dolce , discreta e riservata e, come tutte le ragazze della buona società romana, pienamente consapevole che il solo scopo della sua vita dovesse essere la cura della casa e dei figli.

E sapeva bene, Calpurnia, come lo sapevano tutte le donne dell’epoca, che, in caso di mancanza di figli, era sempre la donna quella sterile e mai il marito che, per quella “mancanza”, poteva chiedere il divorzio.

Nei quindici anni in cui fu la moglie dell’uomo più potente di Roma, Calpurnia  non riuscì a dargli quel figlio tanto desiderato, ma  Cesare non chiese mai il divorzio.

In tanti, invece, probabilmente   se l’spettavano: quello non era stato davvero un matrimonio d’amore, e forse, la stessa Calpurnia  si aspettava, un giorno o l’altro,  di ricevere il  libello del divorzio.

Ciò non accadde mai.

Qualcosa, forse, era subentrato nel  loro rapporto: il rispetto e l’affetto.

Calpurnia era una donna virtuosa e fedele e Cesare di questo era  consapevole.  Se così non fosse stato,  l’avrebbe certamente ripudiata, come aveva fatto con  Pompea. Cesare lo sapeva perfettamente  e  sapeva che  tale sarebbe rimasta,  nei lunghissimi periodi di assenza…. in attesa, nella loro casa, la Domus Publica, che era la casa del Pontefice Massimo, carica che egli ricopriva dal 63 a.C. In una Roma in cui le donne… proprio quelle sposate…esibivano amanti, lei restava fedele al marito e questa era davvero una cosa rara ed apprezzabile.

Se Calpurnia era donna fedele,  non altrettanto poteva dirsi di suo marito. Cesare doveva farsi perdonare davvero tanto  e Calpurnia doveva essere  una donna quanto mai piena di pazienza per resistere accanto ad un uomo la cui reputazione , secondo Svetonio , era quella di un libertino. Ecco quello che riporta: due versi che i suoi soldati cantavano durante il suo Trionfo a Roma

“Cittadini occhio alle mogli.

Viene il calvo adultero;

Ha fottuto l’oro in Gallia,

qui lo prendi a prestito”

Una reputazione che Cesare si era guadagnato in dieci anni di  vita di accampamento.

Numerose furono le relazioni extra coniugali di Cesare; molte le donne per cui Calpurnia doveva perdonarlo e Svetonio fa i nomi di alcune nobildonne già sposate: Postumia, moglie di Servio Sulpicio, Lolla, moglie di Aulo Gabinio,  e molte altre e soprattutto Servilia, madre di Marco Bruto.

La relazione che dovette maggiormente  ferirla, però, dove essere stata  quella con la regina Cleopatra che Cesare fece venire a Roma.

Una relazione, in verità,  su cui  Dione Cassio deve aver  esagerato, essendo, in fondo, Cleopatra, un ostaggio di Roma. Cesare la frequentava, è vero, ma con molta discrezione e non lo faceva di certo per l’opinione pubblica, bensì per rispetto nei confronti della moglie  e questo non doveva di certo piacere alla ambiziosa regina egiziana.

Si dice che da quella relazione nacque un figlio e che Cesare acconsentì che portasse il suo nome: Cesarione, ma si sa anche  che egli non lo riconobbe mai come suo.

Calpurnia accettò, dunque, di dividere il marito con le numerose amanti, come facevano tutte le mogli della  nobiltà dell’epoca. Senza lamentarsi. E forse, senza neppure darvi troppo peso…. Forse!

Era la consuetudine. Erano le tradizioni. La moglie era una cosa seria… per il divertimento c’erano le altre.

Una vita, quella di Calpurnia,  trascorsa con discrezione. Quasi nell’ombra. Per questo, forse, dopo la morte di Cesare,  l’accolse  il silenzio dell’oblio.

La morte di Cesare!

L’unica volta, forse, in cui questa donna, ombra silenziosa del marito, fa sentire la sua voce. Più precisamente si tratta di un sogno e Plutarco così scrive:

“… mentre riposava accanto alla moglie, porte e finestre si spalancarono  e il pinnacolo che sormontava la casa crollava, proprio quando Calpurnia stava sognando di tenerlo fra le braccia con la gola squarciata. Fatto giorno, pregò il marito di non uscire di casa. Di fronte all’atteggiamento deciso di lei, anche Cesare si scosse e pensò che dovesse congedare il Senato, ma Decimo Bruto, di cui egli si fidava molto, lo convinse a non lasciarsi impressionare dai sogni di una donna e di recarsi all’appuntamento… Cosa avrebbero pensato di lui? disse e ripeté, fino a quando non riuscì a convincerlo ad uscire.”

Calpurnia fece di tutto per convincerlo, invece, a restare; giunse perfino ad inventarsi un malore e Cesare fu tentato di darle ascolto. E  le avrebbe dato ascolto, se Decimo Bruto non fosse stato ancora più convincente.  Cesare lo seguì. Seguì l’uomo di cui si fidava ciecamente, ignorando che fosse uno dei congiurati.

Dopo la morte di Cesare,  di Calpurnia si perdono le tracce. E’ alquanto naturale per lei, vissuta nell’ombra, rientrarvi e restarci per sempre. Di lei non si sa più nulla, neppure quale  sia stata  la reazione di fronte a quella morte.

Si sa che cercò appoggio in Marco Antonio, ma forse,  quella non fu una  buona idea. L’operato di Marco Antonio  doveva essere calcolato, dal momento che riuscì a farsi consegnare non solo tutti gli incartamenti e documenti di Cesare, ma anche tutto il suo denaro: 4  mila talenti. Una vera fortuna.

Plutarco dirà apertamente che Calpurnia si era mostrata poco accorta:

“… non mostrando certamente molto giudizio!”

Appiano si spinge ancora oltre, dicendo apertamente che Antonio si è appropriato di tutto, approfittando della:

“debolezza di una vedova straziata dalla perdita del marito riportato a casa ucciso”

 

 

 

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UNIVERSO DONNA… La Sensualità femminile

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La sensualità ,  che è ben diversa dalla sessualità, è  una qualità  innata, che non può essere appresa o ereditata,  fatta di un mix di doti fisiche e psicologiche difficilmente spiegabili, che rendono interessante una persona.

La sensualità ha sempre costituito l’arma vincente delle donne: uno sguardo languido, un sorriso malizioso, una movenza sinuosa, un abito civettuolo. Fascino senza tempo che richiede impegno e studio. Fascino, più ancora che bellezza.  La seconda destinata a sfiorire e il primo  a durare per sempre.

Sensualità come fascino e seduzione. Donne capaci di valorizzare i propri mezzi di seduzione quali la personalità, il fascino, l’intelletto, senza ricorrere alla mercificazione del proprio  corpo. Donne che non rinunciano alla propria femminilità ma che neppure mortificano il proprio intelletto.

 

 

La Donna nell’Antico Egitto

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“Raddoppia il pane che dai a tua madre e portala così come essa ti ha portato…”
E’ una delle massime moralistiche attraverso cui, nella società egizia, tende a manifestarsi quel vago matriarcato in cui si rispecchia la posizione della donna, paritaria con l’uomo. Proprio  come accade nel campo religioso, dove le  Grandi Divinità Femminili (come Iside, Hathor,  Neith) rivendicano la parità con le  Divinità Maschili. La donna egizia, infatti aveva personalità giuridica e godeva di indipendenza economica.
Nebet Per, ossia Signora della Casa, la donna egizia godeva di una posizione di rispetto e privilegio sconosciuta alle donne appartenenti ad altre culture del suo tempo e non solo, basta osservare la donna biblica, romana o medioevale; perfino i Greci si stupivano della sua libertà ed emancipazione.
Rispetto e privilegio e nella propria casa e nella società.
Nonostante  l’istituto della poligamia e del concubinato, l’egiziano era essenzialmente monogamo ed una sola era la Signora della Casa: quella che  compariva sempre al suo fianco, perfino  nelle pitture parietali delle tombe, nelle statue  o stele funerarie.
Il gineceo egizio, l’harem, quel luogo proibito e misterioso, era appannaggio soprattutto del Faraone (per motivi politici) e di ricchi Funzionari, ma anche all’interno di un gineceo reale o privato, una sola era la Signora della Casa. Per di più, fino al periodo on
 termedio, circa,  erano le madri a determinare la discendenza. Si diceva: “figlio di  X, colei  che l’ha generato”.  E dopo quel periodo,  anche se al centro  di quella società c’era il Faraone, il ruolo della donna  non fu mai marginale.
Nello stato di donna sposata, poteva disporre ed amministrare i beni ricevuti in dote o in eredità, le era accordato il diritto di comparire  come testimone o di intraprendere azioni giuridiche  nei processi. Non avendo tutori, era riconosciuta responsabile delle proprie azuini  eattamente come gli uomini e come questi, se portata in giudizio, sottoposta alle stesse pene.
In caso di vedovanza la donna egizia acquisiva il prestigio di capofamiglia, ereditava un terzo dei beni del marito e poteva risposarsi.
Alla donna ripudiata e rifiutata, invece, spettava sempre un largo compenso.

Nella vita pubblica quanto in quella privata, la troviamo spesso impegnata in ruoli di prestigio e responsabilità, nonostante che  le cariche pubbliche fossero in realtà,  ricoperte soprattutto da uomini. Poche, infatti le donne che giunsero a detenere il potere supremo o a collaborare nell’attività politica: la regina Huthsepsut, nel  primo caso, la regina Nefertiti, nel secondo.
In campo religioso ricopriva spesso cariche di “Divina Adoratrice” o “Grande Sacerdotessa” di Divinità importanti come Sekhmet, Iside, Hathor; in campo amministrativo la si poteva trovare perfino a capo di un Dicastero come quello degli “Unguenti e Profumi”.
Nel privato si occupava della conduzione della propria casa, dell’educazione dei figli, dell’amministrazione di beni in proprietà con il marito e di altro ancora. La sua vita era facile e piacevole, vissuta quasi nell’ozio, tessendo o filando, tra feste e banchetti.

Tutto ciò, naturalmente, se si trattava di donne benestanti. Le donne di più umile origine, invece, avevano vita assai meno facile. Tessevano e filavano anch’esse, ma oltre a ciò, si occupavano dei lavori domestici e di quelli dei campi e facevano mille altre cose… come tutte le donne del mondo, prima e dopo di loro.

Diverse, però, era l’esistenza all’interno di un Ipet, il gineceo reale.
Qui, le donne vivevano in una condizione di recluse, all’interno di una gabbia dorata, con il solo scopo di arrecar piacere al Sovrano e senza nessuno dei diritti riservati alle donne comuni; scelte in tutto il Regno, quella condizione, però, era un grande onore per se stesse e le loro famiglie.

Le varie statuette rinvenute nelle tombe,  le scene parietali, ecc… ci  mostrano una donna assai bene inserita nella società lavorativa: ci trasmette, cioè, il grado di rapporto paritario raggiunto con l’uomo; assai diverso d quello delle donne appartenenti a civiltà della stessa epoca.

La donna, però, era soprattutto il pilastro della famiglia e la famiglia era il pilastro della società e come tale  la donna egizia era rispettata e protetta.

UNIVERSO DONNA – La donna moderna” di Maria Pace

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Il seme di un Movimento per l’emancipazione femminile fu gettato con la Rivoluzione francese e la ghigliottina: due attiviste ci lasciarono letteralmente la testa, sotto quella ghigliottina!
La battaglia, però, è continuata. Anzi, le battaglie. Ma la guerra è stata vinta?
Per una parte dell’universo femminile, parlerei di abbondante armistizio, sia pur con molti compromessi e forzature varie.  (sul lavoro, in famiglia, ecc..)

E per l’altra parte? Una buona parte, direi!
Per quella parte dell’universo femminile posso affermare senza timori di smentite che la risposta è assolutamente no e le ragioni sono varie:
– violenza fisica al corpo femminile attraverso infibulazioni e atrocità simili.
– costrizioni ed imposizioni quali matrimoni combinati, padri-padrone, ecc.-
– restrizioni e persecuzioni in società dal regima  repressivo,  dove  si teme ogni genere di  diversità e la donna rappresenta proprio la  diversità e la differenza

– annientamento della personalità attraverso un abbigliamento degradante (non mi riferisco al velo, ma a quello scafandro chiamato burca)

La donna oggi è più sicura di sè e sa di essere chi è;  la donna oggi sa di poter essere chi vuole essere, senza più dover fuggire da se stessa, perchè ha acquisito consapevolezza di sè  attraverso l’istruzione. Ecco perché nelle società maschiliste le viene negato proprio il diritto all’istruzione: l’istruzione conduce alla libertà e la libertà della donna fa paura.    Anche la libertà di apparire.  L’aspetto  esteriore della donna è penalizzato e l’abito può diventare uno strumento di ribellione  ed essere recepito come una minaccia.

 

La storia e le statistiche, però, insegnano che anche nel rapporto di coppia l’uomo cerca donne che non lo sminuiscano e che gli consentano  di sentirsi superiore per poter esercitare  dominio su di lei. L’istinto dell’uomo è quello  di dominare ed anche culturalmente vuole poterlo fare. Non sempre, però, gli è consentito: oggi la donna ha davanti a sè nuovi orizzonti ed accetta sfide e stimoli.  Si tratta dell’emancipazione femminile e non trova preparati tutti gli uomini, quando invece, questa nuova realtà femminile potrebbe aiutare anche loro ad evolversi e migliorare. Per fortuna, molti lo fanno già ed è sempre maggiore il numero di uomini che non considera scomodo, ad esempio, avere una partner culturalmente più dotata. La strada, però è ancora lunga.

Emancipazione ed istruzione procedono di pari passo. L’una non può esserci senza l’altra e l’emancipazione richiama  l’ambizione, considerta da sempre prerogativa assoluta del maschio e da sempre negata alla donna.  Emancipazione è anche indipendenza. Oggi la donna guarda al proprio futuro con spirito nuovo: non più soltanto moglie di un uomo o compagna di un uomo, ma single. Non più dipendente di un uomo, ma indipendente.

Si dice che in America ci siano più donne  sole che accompagnate. Donne realizzate con il lavoro e la carriera. Donne che ricoprono ruoli considerati fino a ieri esclusivamente maschili, donne che comandano su uomini. E donne senza lo spauracchio dell’età, beneficio riservato fino a ieri solo al maschio: donne con uomini assai più giovani.

Tutto questo disorienta l’uomo e lo spaventa; lo rende violento ed aggressivo. Insoddisfatto. Non tutti, naturalmente, solo gli uomini  che inconsciamente nutrono un timore reverenziale nei confronti della donna. E sono tanti, purtroppo! Violenza sul lavoro e violenza domestica. Violenza fisica e psicologica: aperta e drammatica la prima, subdola e ugualmente drammatica la seconda.

Un altro tipo di violenza è la piaga dello stupro (il quale fino a qualche anno fa non era neppure considerato reato) e la violenza domestica, spesso sommersa e portata con vergogna.
Esiste, poi, ancora un tipo di violenza: quella pubblicitaria. Quella, intendo, che per vendere un dentifricio o un tubetto di silicone, ricorre all’immagine di un nudo femminile… complice, in questo caso,  il soggetto che a ciò si presta.
Per chi guarda e subisce tale pubblicità, però, resta pur sempre un atto di violenza… e non lo dico per facili moralismi o falsi pudori, ma solo per quel diritto al rispetto che ogni donna dovrebbe pretendere e quel personale  stile e buongusto che differenzia una donna da qualcosa d’altro.

“La Donna nella cultura Indiana” di Maria Pace

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Parlando dell’India e della donna, è inevitabile il rferimento alla pratica del”Sati”, il sacrificio delle vedove.
In una società patriarcale che ha privilegiato l’uomo, assegnando alla donna il ruolo di subordinazione e quasi sempre la patente di peccatrice e pericolosità, era inevitabile   giungere a quegli estremi,  per fortuna appartenenti ad un passato e ad un passato prossimo.  La donna, in quella parte del mondo, è, ancor oggi, considerata un peso per la famiglia e la vedova, un peso ancora maggiore.

Eppure, ecco come si esprime un poeta indiano di qualche secolo fa:

“Un frutto selvatico nel bosco, fresco e fragrante. La sua bellezza fa pensare ad un fiore appena sbocciato al tepore del sole.”

La donna indiana è così: una bellezza nobile e dolce, come un fiore cresciuto  nel bosco. Ma questa è la visione del poeta. In realtà, la donna è vista come oggetto e merce di scambio. Nella meravigliosa terra delle giungle, dei templi millenari e della spiritualità, esiste la terribile piaga della violenza e dello stupro impunito.

Nobile e bella, nel suo unico e particolare abito, il “sari”, nonostante l’emanciazione e la europeizzazione, la donna indiana è considerata “proprietà dell’uomo”, padre o marito che sia.   Completamente sottomessa al marito,   ancora oggi, pur istruita  ed economicamente indipendente, la donna deve accettare ogni sua decisione, anche quando queste possono dannggiarla oppure offenderla ed umiliarla. Soprattutto nella società più  abbiente

Un  aspetto dolente è soprattutto la dote, che costituisce  davvero un peso gravoso per la famiglia. Ogni donna deve portarla con sè, pena  la mancanza di una sistemazione matrimoniale e lo scredito per la famiglia.  Aspetto dolente e tragico, a volte, perchè può condurre addirittura alla soppressione  fisica della ragazza.  I matrimoni, per la maggior parte, salvo poche eccezioni,  sono  ancora oggi combinati  da “sensali”.

Schiave del marito, dunque, ma non solo. Schiave  di un sistema  che non esita ad avviare bambine ad una prostituzione gestita addirittura in famiglia e schiave di qualche divinità induù.. ovvero, schiave dei preti  e dei facoltosi patroni di quei templi; una pratica sessuale abolita fin dal 1838, ma che continua a resistere.

E la famiglia in tutto questo?  E’ di stampo maschilista, naturalmente e talvolta il mashio si comporta nella società come in famiglia: in modo violento… come in ogni altra società, d’altronde.  Ma non sempre. Ci sono anche  molti uomini dal comportamento avveduto, responsabile ed accorto, che riconoscono diritti alla donna. Almeno verbalmente. .E  ci sono uomini che aiutano concretamente le donne, soprattutto quelle più povere, nelle campagne. Il loro apporto è fondamentale per l’emancipazione e l’autodeterminazione delle donne. Come la Banca fondata dal premio Nobel  Yunus che con piccoli prestiti, riesce ad assicurare la sopravvivenza a molte di queste donne.

Qualcosa, però, è cambiata negli ultimi tempi e sta cambiando ancora, sia pur tra difficoltà e sospetti. Le donne si riuniscono in Associazioni e si sostengono oppure, come quella, una vera palestra,  in cui si  allenano per  sapersi difendere in caso di aggressione.

Tecnologicamente avanzato, l’India, purtroppo, è rimasto un Paese profondamente maschilista.  Le donne ancor oggi vengono date in moglie in tenera età o addirittura “affittate” per matrimoni  temporanei;  stuprate e violentate, non  trovano tutelate, né  sostegno o comprensione e se il loro cammino verso il riscatto è tuttoin salito, di sicuro hanno già percorso un bel tratto.

Questa la sua collocazione nella società, ma, vista nella sua individualità,  la donna indiana è una creatura  dolce ed affscinante, fasciata nel suo “sari”, una lunga striscia di tessuto dai colori sgargianti, elegantemente  drappeggiata  intorno ai fianchi e con un lembo  riportato sulla spalla e poi sul braccio sinistro.

La donna indiana, con  l’immancabile fiore tra i capelli frizionati con 0lio profumato, per non lasciarli  inaridire dal sole cocente  oppure con un leggero velo, dai colori vivaci, fissato sulla sommità del capo,  appare  come  una creatura misteriosa ed affascinante. Impeccabile e curata, truccata di tutto punto, la donna indiana usava ed usa  la rosa come  base per i suoi cosmetici;  sulla fronte ama, ancor oggi, dipingere il simbolo della fede  cui apparteneva ed appartiene.

I gioielli sono la passione della donna indiana: orecchini, fibule,  bracciali (ai polsi ed alle caiviglie, enelli… un anello anche nella narice sinistra, collane… file di collane  adagiate sul  seno. Non uscirebbe mai senza i suoi gioielli e, nemmeno nei tempi andati, quando dalla vita in sù andava nuda,  sarebbe uscita mai senza i suoi sgargianti monili.

“UNIVERSO DONNA – La donna nella società.” di Maria Pace

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La donna è uguale all’uomo di fronte a Dio? Sembrerebbe proprio di no! Sembrerebbe di no, dal momento che l’uomo è riuscito a legittimare ingiustizie varie nei confronti della donna ed  a farlo nel nome di un Dio e di una religione usata a proprio uso e consumo.

L’uomo ha usato il sacro per sottomettere la donna, scrivendo testi in cui afferma una sua superiorità riconosciuta da volontà divina. In realtà,  nessun Essere superiore potrebbe mai approvare le violenze e le ingiustizie di cui  da sempre la donna è fatta oggetto da parte dell’altro sesso. In nome di un dio  gli uomini segregano, umiliano, stuprano, mutilano, lapidano  donne.  Ieri come oggi.

Dio è il medesimo,  ma anche la misoginia che ne è sviluppata è la medesima. L’Antico Testamento é maschilista perfino nel racconto della Creazione:fa nascere la donna da una costola dell’uomo. C’è un’altra versione , che vede  la creatura umana, uomo e donna, a immagine e somiglianza di Dio, ma viene  ben presto accantonata. Anche nel Nuovo Testamento,  la “liberazone” della donna da parte del Cristo, viene ben presto abbandonata.

Pare quasi che l’uomo abbia paura della donna e del suo corpo e che per questo lo umilia, nasconde, fustiga, mutila. A causa di una errata interpretazione dei Testi Sacri,  assistiamo ancora oggi alla aberrante pratica della infibulazione nel monfo islamico. Pratica non citata nel Corano, ma abbondantemente pratica.  Come molte altre pratiche.

E non occorre scomodare il sacro per scoprire che  anche scienza e cultura hanno riservato alla donna trattamenti discriminatori e prevaricatori. Così,  Freud, Darwnin, ecc…  tutti uomini di genio, ritenevano la donna biologicamente inferiore..

Per il filosofo Schopenhaaurr la donna era” … adatta  a curare l’uomo nell’infanzia  appunto perché puerile, sciocca  e miope…”

Il fisico Einstein dal canto suo le riconosce il diritto allo studio scientifico, ma avverte di non farsi troppe illusioni  sui risultati. e il neurologo  Mobius scrive addirittura un saggio  “Sulla inferiorità mentale della donna”.

Il potere è maschile, dunque, e ad una prova dei fatti si scopre che il retaggio di una società patriarcale è ancora forte e pesante sulla società.

La società patriarcale tende a scomparire, si dice, ma non il maschilismo, che è ancora ben radicato nei rapporti con l’altro sesso. Persiste ancora il mito arcaico della forza del maschio. Il mondo è cambiato, ma ci sono caratteristiche rimaste tali e il maschilismo è una di queste: il maschilista usa la sua forza per  affermare la sua superiorità sulla donna.

Anche se molte cose sono cambiate, non è  scomparso il prototipo del maschio-padrone. Questi tipo di maschio ha bisogno di avere potere sul corpo della donna e per questo lo  nasconde, ingabbia, imprigiona. E se perde il controllo su di esso lo punisce, uccide. In fondo, se ci pensiamo bene, chi era l’uomo che ha scatenato la guerra di Troia?  Un uomo che aveva perso il controllo sulla sua donna.

E quando invece detiene questo controlla che cosa fa il maschio-padrone’ Fa come Ulisse: parte, va via, tradisce.  Il tradimento nasce proprio da questo: dal desiderio di possedere altri corpi di donna.. E se è la donna a tradire? La donna che tradisce è etichettata, punita, fustigata, lapidata.

Qualcosa però è cambiato e sta cambiando. Un tempo la principale occupazione della donna era:  SPOSATA.  Oggi si può aggiungere qualche altra qualifica. Un tempo  era sottomessa (lo è ancora oggi in molte società.)  e in famiglia contava poco o niente. Il suo compito era solo quello di fare figli e prendersi cura della casa e, naturalmente,  dedicarsi anima e corpo al  marito.  Oggi, invece, la troviamo  più determinata a difendere  i diritti acquisiti  o ad ottenerne di nuovi e se ci sono ancora donne che oltre alla maternità non hanno altro di cui vantarsi, ce ne sono molte altre che lottano per la conquista di una propria dignità..

“UNIVERSO DONNA – Meditazione” di Lia Jonescu

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Dedicata a tutte le donne che hanno vissuto e vogliono vivere fino all’ ultimo senza risparmiarsi.
MEDITAZIONE
Passato il varco dei miei verdi anni
trovai una vita di dolori e affanni
intervallati da dolcezze e amori,
da notti bianche,
da passioni e odori, di muffa, d’erba,
di libri, di colori, di sogni,
d’illusioni e pianti.
Di gioie immense e di cocenti offese
eppure
ora che varcato ho da poco I sessant’anni
mi reincammino ancora sul sentiero
con solo il mio bagaglio di coraggio,
il mio pensiero
ed il mio cuore fiero
e sembra che la restante vita
ritorni verde ancor prima che finita
E moriró dolcemente
sotto un melo
coi fiori bianchi a coprirmi come un velo.
Lia Jonescu

“UNIVERSO DONNA – Donne violate” di Maria Pace

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La cronaca ci ha abituati ad episodi di violenza contro le donne…”  Femminicidio”,  chiamano tale triste fenomeno. Donne che perdono la vita per mano di uomini violenti e possessivi, per la maggior parte dei casi nell’ambito familiare.
Si tratta di un fenomeno universale che coinvolge ogni strato sociale e culturale, senza esclusione alcuna.
La cronaca, però, sorvola su un vergognoso ed altrettanto triste fenomeno oppure non ne parla a sufficienza, forse perché  di casa nostra non é: parlo del Gendercidio.
Che cos’é il Gendercicio?
Potremmo definirlo l’aspetto più drammatico della discriminazione e selezione dei   sessi:  la forma più subdola di violenza sulla donna. Si tratta, in sostanza, dell’aborto selettivo di feti o di soppressione di neonati di sesso femminile: bambine che non vedono la luce o che vengono uccise appena nate.
Le armi usate? Aborto o veleno.
Dove, il triste fenomeno è più diffuso? Là dove c’è oppure c’era fino a poco tempo fa, povertà e sottosviluppo.
In realtà, si tratta solo di un alibi, quello della povertà, poiché in quei Paesi la crescita economica è sotto gli occhi di tutti, come sotto gli occhi di tutti é l’assoluta indifferenza verso questo sterminio di particolare proporzioni.
In alcuni Paesi (non occorre far nomi, essendo il fenomeno sotto gli occhi di tutti),  l a donna è ancor oggi è considerata un peso, mentre in altri pare che la tendenza sia,  per così dire, quella di invertire la rotta.
Molti i Paesi in cui è stato proibito l’aborto selettivo (fino a ieri ampiamente praticato) ed in si sono   disposti incentivi a favore dei figli di sesso femminile, ma ciò  non ha ancora  prodotto significativi mutamenti e la ragione è da ricercarsi, forse, in un  modello di società sostanzialmente maschilista.

“UNIVERSO DONNA –

 

 

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“Aminata si avvicinò lentamente all’oggetto della sua curiosità. Ad un tratto si riconobbe: quelle ali, che spuntavano dalle sue spalle, ali d’angelo ma anche di fata, erano le più belle di tutte. Ali che potevano condurre in un attimo fino ad Allah, nel più alto dei cieli. Ali con cui avrebbe potuto volare via, tornare in Senegal, cercare quello che restava della sua famiglia… ali magiche, che cambiano il destino di chiunque le possieda, che trasformano il dolore in felicità. Rimase qualche minuto a contemplarle, con gli occhi sgranati e l’aria trasognata. Ma poi si riscosse, tornando alla realtà. – Mi hai fatto bellissima, grazie! Sussurrò. Ma Selene vide perfettamente che stava piangendo. Aminata si asciugò gli occhi con un gesto furtivo. Fece atto di congedarsi, ma Selene la trattenne: – Non ti va di bere qualcosa con me? La giovane senegalese era di nuovo in imbarazzo. – Guarda che sono io ad essere in debito con te! Puntualizzò scherzosamente la padrona di casa. Per la prima volta da quando era apparsa sulla soglia, Aminata sorrise. Sedettero al tavolo di cucina. Selene prese dal frigo una birra per sé ed una coca cola per l’ospite. Senza la parrucca e il trucco del mestiere, sembrava giovanissima. – Quanti anni hai? Le chiese incuriosita. Aminata stese in aria tutte le sua lunghe dita, ma la seconda volta ripiegò il pollice della destra contro il palmo roseo. “Diciannove anni! E, da quanto ne so, è un pezzo che se ne sta a quell’angolo! Io alla sua età mi ero appena iscritta all’università, studiavo di giorno e faceva casino alla sera con gli altri studenti, mi appassionavo a Sartre e a Nietzsche, pranzavo con le amiche al baretto sotto la facoltà di Filosofia, tra folli risate e discorsi intellettuali che ci facevano sentire tanto fighe!” Dopo un paio di sorsi di coca rinfrescante e l’accoglienza gentile ed amichevole della ragazza bianca, Aminata iniziava davvero a sentirsi a proprio agio. Chiacchierarono a lungo del più e del meno, ridendo allegramente. Ad un tratto però l’espressione di Aminata si fece seria; prese una delle piccole mani di Selene tra le sue, sottili ma ben più grandi, dicendole nel suo italiano ancora un po’ stentato: – Sai, sono proprio contenta che io ho visto quel bastardo… Così Abdoullaye ha impedito che ti faceva quello che hanno fatto a me! Selene sentì un brivido correrle lungo la schiena. – Chi ti ha fatto quello, Aminata? – Degli uomini, sulla nave, quando venivo qui. Lo hanno fatto a tutte. – E quanti anni avevi? Aminata stese di nuovo in aria tutte le sue lunghe dita. Ma una volta soltanto. A Selene si gelò il sangue, rischiò di vomitare la birra che aveva appena bevuto. La Senegalese guardò dritto negli occhi azzurri di Selene, che le ricordavano il cielo del suo Paese. – Poi vedi come finisci… Fece un gesto vago ma molto eloquente. – Ora io non sarò mai un angelo davvero, faccio cose che il Profeta dice cattive; grazie per il quadro, almeno lì ho le ali e nessuno può toccarmi. Ma tu hai un uomo che si prende cura di te, che ha gli amici giusti, non ti devi preoccupare!”