LABORATORIO DIDATTICO – Acqua elemento indispensabile per la vita

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PROGETTO  DIDATTICO  –  DESERTIFICAZIONE

con il supporto del libro storico-ecologico   “L’ETA’ PERDUTA”  di  Maria Pace

 

E un fenomeno strettamente legato alla deforestazione. Deserto vuol dire mancanza di acqua.

Anche in territori ricchi di vegetazione come l’Amazzonia, la mancanza di acqua può provocare un degrado del suolo e l’azione del sole può distruggere l’humus  della superficie del suolo. Spesso la causa della desertificazione di un Paese è  opera di un altro Paese… un Paese più ricco che ne sfrutta in modo scriteriato le ricchezze del suolo.

Nel deserto, il livello delle precipitazioni è inferiore ai 200 mm all’anno, ma ci sono regioni in cui non piove anche per  5 o 6 anni. La mancanza di pioggia spiega l’aridità di un deserto e la non presenza di umidità, la quale fa da filtro;  senza questo filtro, le escursioni termiche (differenza tra temperatura diurna e notturna) sono molto elevate.

EFFETTI SULLA DESERTIFICAZIONE

La vita nel deserto è molto dura ed è la presenza o la mancanza d’acqua  a determinare la vita o la morte.   Pozzi ed oasi sono limitati non  perché nel deserto non è possibile coltivare, ma perché richiamare in superficie le acque sotterranee è molto costoso.

L’invivibilità nel deserto è l’effetto più evidente.  Il clima desertico, infatti, è il più ostile che si possa immaginare.41jJ4njCGJL._SX331_BO1,204,203,200_

 

“LE LETTURE del Martedì e del Venerdì… Maria & Anna”

“L’AMBASCIATORE  LONGOBARDO”  di Maria  Pace

(quarta puntata)


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Un cigolio di catene, uno scricchiolio di tavolaccio e il ponte levatoio del castello del conte Aldebrandi si abbassò per far passare un gruppo di cavalieri; gli zoccoli dei cavalli rimbombavano nella valle sottostante. Erano armati di tutto punto, ma a capo scoperto, segno che non era una spedizione militare. Al contrario, c’era un corteo nuziale e quei cavalieri erano di scorta: la principessa Teodolinda di Baviera era in viaggio verso la corte longobarda e quella era una delle tappe del lungo viaggio.

Viaggiare, a quei tempi era davvero un’impresa faticosa e disagevole. La carrozza non era stata ancora inventata; si dovrà aspettare il 1.300 e le nozze di Galeazzo Visconte per vederne comparire la prima a Milano.

La principessa era un po’ provata dal lungo viaggio, ma quella sosta aveva giovato molto anche al suo umore, permettendole perfino di tornare in sella al suo cavallo preferito Ottima amazzone, Teodolinda aveva rifiuto la comodità di una portantina.

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Furono in vita delle mura di Pavia dopo qualche ora, ma la vista di quei bastioni la rese assorta e pensierosa.

Gundebaldo, l’amatissimo fratello, che cavalcava al suo fianco, le faceva da accompagnatore. Faceva le veci del Duca suo padre, rimasto a custodire il Regno, come la prudenza suggeriva, nel groviglio della situazione politica creatasi con la caduta dell’Impero Romano.

“Sorridi, sorellina. – la incoraggiò, avvedendosi di quel cambiamento d’umore – Presto sarai Regina.”

“Credi che il popolo dei Longobardi accetterà una Regina cattolica?” domandò lei.

“Oh, cara Teodolinda. – le sorrise il fratello – I miei occhi di soldato e di principe vedono le molte differenze che esistono tra i popoli conquistati e i popoli conquistatori…   La situazione politica di entrambi, però, suggerisce di annullare qualcuna di queste differenze.”

“Io sono una donna e non mi sono occupata mai di politica.” replicò la principessa.

“Non ancora. – rispose il fratello – Ma presto sarai Regina e dovrai occupartene…. – una breve pausa per un affettuoso sorriso, poi –Dio ti aiuterà a sostenere il difficile ruolo di Regina di un popolo non cattolico.” continuò.

“Non cattolico…. – ripeté la principessa – Già!… Non ancora!” aggiunse.

Le porte di Pavia erano sempre più vicine.

La verde e generosa pianura era interrotta a tratti da brulle colline, ma i pendii erano dolci e sinuosi; d’ un tratto qualcosa attraversò l’aria… come di un suono lontano.

“Ma… non senti anche tu, Gundebaldo? Non senti…”

“Sì, Teodolinda. – la interruppe il fratello – Suono di campane! Campane a festa accolgono la nuova Regina. I tuoi nuovi sudditi ti fanno festa.”

Le mura della città erano ormai vicinissime ed un gruppo di donne e bambini venne fuori da un casolare.

“Dio salvi la Regina.” cominciarono a gridare mentre altre persone sbucavano da ogni parte; ad ogni metro che il suo cavallo guadagnava, altra gente sbucava da ogni dove. Quando le mura della città furono raggiunte, a seguirla c’era una folla.

Sotto le mura il corteo si fermò ed un giovane riccamente vestito si staccò dalla porta principale e le venne incontro. Reggeva l’elmo dall’alto cimiero sotto il braccio in segno di grande deferenza .

“Salute a te, nobile Teodolinda. Sono il principe Ausul e ti do il benvenuto a nome di re Autari, mio fratello. Se vuoi degnarti di seguirmi, ti condurrò fino a Palazzo .” salutò con un profondo inchino, poi con un gesto di perfetta galanteria, prese le briglie del cavallo della principessa e lo guidò verso il castello.

Dall’alto della sella, Teodolinda guardava la bella testa bionda e ricciuta del giovanissimo fratello del suo ormai prossimo sposo, il fisico atletico, le mani guantate ed avvezze alle armi e pensava:

“Questo giovane è fiero e bello… il suo sguardo è leale. Come sarà suo fratello?”

Una domanda che continuò a porsi tutto il giorno ed anche a tavola, la sera, al sontuoso banchetto offerto in onore suo e del suo seguito.

Autari non c’era. L’etichetta gli imponeva di non vedere la sposa prima del momento delle nozze, ma neppure il nobile Guadaldo era presente. Invano i suoi occhi lo cercarono per tutta la sala del convito, infine pensò che fosse rimasto a tener compagnia al suo Re in quella serata per lui solitaria.

A tavola le era stato assegnato il posto d’onore, quello che di solito occupava re Autari.

La tavola era lunghissima ed apparecchiata con coppe, piatti e posate d’oro, coltelli e cucchiai; la forchetta non era ancora d’uso e la principessa ne rimase piacevolmente stupita: non si aspettava di trovare tale raffinatezza in una corte barbara.

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(immagine tratta dal Laboratorio Didattico “ALLA CORTE del  DUCA”

 

Il banchetto si protrasse fino a tardi e proseguì ancora dopo che la principessa e le sue dame si furono allontanate; sarebbe terminato solo con la sbornia generale di tutti i commensali, da smaltire nella mattinata del giorno dopo.

(continua)

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“Z O M B I”   di  ANNA CARUSO

(quarta puntata)

Molti anni prima

 Filomena doveva prestare attenzione alle ronde della polizia che giravano per la città. Non si poteva mai sapere, forse Federico aveva avvertito qualcuno dei suoi agenti informandolo che “ era scappata“. Era bagnata fradicia e quel temporale non aveva intenzione di arrestarsi. Doveva raggiungere la periferia, allontanarsi dai quartieri residenziali del centro: era lì che abitava Luca.

Dopo una buona mezz’ora si ritrovò davanti al suo portone a guardare la targhetta d’ottone con inciso il suo cognome. Aveva paura. Fino ad allora aveva agito spinta dall’adrenalina del momento, dando per scontato che lui l’avrebbe accolta a braccia aperte e se non fosse stato così? Che avrebbe fatto? Decise di suonare alla fine.

“ Chi è? “ chiesero dall’altra parte.

“ Sono io! ” rispose Filomena.

Non ci fu risposta, ma il portone si aprì.

Salì all’ultimo piano con l’ascensore perché l’idea di farsi sette piani a piedi dopo tutta quella camminata non l’aveva neanche presa in considerazione francamente. Quando le porte si aprirono, lo ritrovò là davanti a lei, in tutto il suo splendore, mentre i suoi bellissimi occhi nocciola la guardavano freddamente. Indossava una semplice maglietta nera a maniche lunghe e un pantalone di jeans. Si era aspettata un benvenuto più caloroso. L’ultima volta che si erano visti avevano litigato perché lui non voleva accettare che tutto finisse così.

Per un tempo, che a Filomena parve infinito, si fissarono, senza dire nulla, mentre lei gocciolava formando una pozzanghera ai suoi piedi. Gli occhi azzurri di lei guardavano quelli marrone di lui.

“ Non avevi detto che non mi volevi più vedere? “ chiese alla fine Luca rompendo il silenzio.

“ Me ne sono andata! Ho chiuso con quella vita! “ rispose lei.

Lui la guardava stupito, i suoi occhi si addolcirono e divennero ancora più grandi. Le sorrise e lei decise di superare i pochi metri che li separavano e di abbracciarlo, buttandogli le braccia intorno al collo. Luca rispose a quell’abbraccio con ancora più calore e stringendola forte. Filomena era molto più bassa di lui, gli arrivava al torace. A quel punto capì che tutte le sue paure erano infondate: lui non l’avrebbe mai mandata via. Fra le sue braccia si sentiva finalmente tranquilla, come se i pezzi del suo cuore avessero trovato l’incastro perfetto e la sua anima riuscì a trovare quella pace a lungo desiderata nelle ultime settimane.

“ Tu sei pazza! “ disse lui baciandola sulla fronte, poi sulle guance e infine le loro labbra si ritrovarono dopo tanto tempo, troppo a lungo erano state separate. Mentre la baciava Luca la strinse ancora più forte e insinuò le dita fra i suoi lunghi capelli neri.

“ Ti starò bagnando tutto! “ disse Filomena, quando si staccarono. Lei guardava ancora le sue labbra, avrebbe voluto baciarlo ancora, ma non era il caso, erano ancora sulla soglia di casa con la porta aperta.

“ Non fa nulla! “ rispose Luca guardandosi felice la maglietta bagnata “ Entra che è meglio, non si sa mai! “ disse infine guardando intorno preoccupato e chiedendo la porta.

“ Dobbiamo andarcene, non possiamo restare qua, non so come reagirà Federico, è sempre un affronto al suo orgoglio in fin dei conti! “ affermò lei una volta entrata.

“ Non fuggiremo Filomena! Non fuggiremo come due prede! Che venga pure, non ho mica paura di lui! Non sei una sua proprietà! “ disse Luca dando un pugno contro la parete dell’entrata.

“ Lo sai il potere che ha la polizia ultimamente, da quando ci sono loro! Non so se ci lascerà stare! Ho solo paura per te…….” disse Filomena avvicinandosi a lui. Non si era ancora tolta neanche lo zainetto.

“ Sì lo so! Ci penseremo domani mattina! Adesso tu sei tutta bagnata e avrai bisogno di un bagno caldo, rischi di prenderti un raffreddore! “ continuò a dire lui.

“ Domani mattina potrebbe essere troppo tardi! I suoi leccapiedi potrebbero essere qui anche stanotte e forse ucciderci nel sonno! “ riprese lei.

Luca la guardava preoccupato, sapeva che aveva ragione, da quando c’erano gli zombie la polizia aveva molto più potere e autorità che in passato. Erano loro che controllavano e proteggevano la città. Federico ne era a capo, non aveva lo stesso potere del sindaco, ma non c’era così tanta differenza alla fine e lei era pur sempre sua moglie.

“ Va bene! Andiamo da un mio amico per stanotte, ma tu ti devi cambiare i vestiti, ti metterai qualcosa di mio, se no prendi freddo! “ decise infine Luca passandosi una mano fra i capelli biondi.

Si voltò verso di lei e i loro occhi s’incontrarono nuovamente. Sì avvicinò di nuovo, Filomena sentì il suo respiro farsi più pesante e lesse negli occhi di Luca lo stesso affetto che animava i suoi. Le accarezzò una guancia, le sfiorò le labbra, e ,sempre senza staccare gli occhi dai suoi, la baciò con dolcezza.

Poi si staccò da lei e le sussurrò all’orecchio “ Mi sei mancata)

(continua)